Sec. VII-XV
Nel folclore slavo orientale la concezione mitologica della terra è ben rappresentata dall’epiteto di Mat’-syra-zemlja (“madre-umida-terra” o “madre-feconda-terra”). Secondo questa visione, la terra esprime il principio femminile della creazione, mentre il cielo costituirebbe il principio maschile. L’epiteto, mediante la qualificazione di “umida”, veicola il senso fondamentale del mito della fecondazione della terra per opera del cielo (la quale si compie, nell’immaginario popolare, attraverso la pioggia, i fulmini, la caduta di meteoriti o perfino l’intermediazione di figure mitiche come il drago-serpente, lo zmej). L’epos popolare ci testimonia ampiamente che gli antichi slavi percepivano la divinità terra anche come depositaria della legge morale: di fronte ad atti sacrileghi, contrari ai principi da essa custoditi (tra questi l’esercizio di facoltà metamorfiche e magiche, gli atti contro la maternità e la fertilità femminile), essa reagiva ed esprimeva la propria indignazione rendendosi sterile o facendo tremare il suolo. Presso gli slavi, il culto ctonio è connesso al culto dei morti, seppelliti nella terra, e persino a sacrifici umani che sono attestati fino al XIX secolo.
Bibliografia: V. L. Komarovič, Kul’t roda i zemli v knjažeskoj srede xi-xiii vv., in “Trudy Otdela drevnej russkoj literatury”, xvi, 1960, pp. 84-105; Gasparini (1973, pp. 627-30); Tolstoj (1995-2012, s.v. Zemlja).