"Let There Be Lights in the Firmament of the Heaven": Cosmological Depictions in Early Rus

Ultimo aggiornamento: 11 May 2021

Caudano A.L.

"Let There Be Lights in the Firmament of the Heaven": Cosmological Depictions in Early Rus

Paleoslavica Cambridge, Mass. 2006

Scheda a cura di: Garzaniti M.

Supplemento 2 al volume XIV di Palaeoslavica


Ho letto con molto piacere questo libro dedicato alla concezione dell'universo affermatasi nella Rus' fra il X e il XIII sec. Costruito con cura e diligenza sulla base di una ricca scelta di fonti, dalla letteratura all'architettura, dalla miniatura ai rinvenimenti archeologici, lo studio offre una ricostruzione delle idee del cielo, del sole, della luna e degli astri, che il mondo slavo orientale ha progressivamente assimilato dal mondo bizantino.

Fra le fonti più importanti troviamo la versione slava della Teologia di Giovanni Damasceno, l'Izbornik del 1073, l'Esamerone di Giovanni Esarca, la Topografia cristiana di Cosma, ed altre opere ancora fra cui numerosi apocrifi. Fra le opere scritte o compilate nella Rus, oltre alle cronache, spicca la Palea commentata, su cui ultimamente si accesa la discussione fra gli studiosi. A prescindere dalla questione delle origini della Palea, rimane fondamentale il fatto che buona parte delle opere tradotte dal greco, di cui disponeva la Rus', provenivano dal mondo slavo meridionale, in cui si era realizzato il primo grande sforzo di assimilazione della cultura bizantina. L'autrice se ne mostra ben consapevole.

Nella ricostruzione di Caudano, breve, ma assai densa, emerge chiaramente la preminenza nella Rus' della concezione cosmologica antiochena rispetto alla visione artistotelica. Le più importanti fonti, come la Palea e la Topografia cristiana, così fortunata più tardi in Moscovia, si allontanano infatti dall'idea sferica del cosmo, che pure era dominante nella cultura aristocratica a Costantinopoli, per adottare l'idea della forma cubica sormontata dalla cupola celeste. Ne è evidente la ragione. Questa concezione sembrava corrispondere meglio alla simbologia biblica, con il suo riferimento al tabernacolo mosaico, e allo stesso tempo mostrava evidenti echi nell'architettura ecclesiastica e nella simbologia liturgica.

Le spiegazioni cosmologiche peraltro non avevano in nessun modo una finalità gnoseologica, ma come dimostrano le principali testimonianze scritte, a cominciare dall'Esamerone, non fanno altro che commentare il libro della Genesi, sulla base della riflessione patristica e con l'aiuto di altri passi biblici. Così facendo la Rus' non si distingue dalla cultura dominante a Bisanzio. Nelle conclusioni Caudano ricorda, infatti, la grande diffusione nel mondo bizantino delle Catene sulla Genesi, centoni di testi patristici che commentavano questo libro della Bibbia.

Nella Rus' si affrontavano più tecnicamente le questioni cosmologiche solo qualora vi fosse un necessità pratica, come il calcolo del calendario liturgico o l'interpretazione dei fenomeni atmosferici, e spesso lo si faceva con una certa prudenza, se non diffidenza, mostrando talvolta una competenza assai superficiale. Questo atteggiamento è tipico della cultura monastica dominante nella Rus', che si preoccupava soprattutto di radicare il cristianesimo nella nuova popolazione. In questa prospettiva si comprendono l'assoluta preminenza della concezione cristiana e l'assenza quasi completa dell'astrologia pagana. La continuità della tradizione pagana, a nostro parere, si afferma sul piano dell'oralità, che, osserva Caudano, si riflette in certi manufatti tradizionali, mentre l'astrologia, che in occidente può svilupparsi sulla base dell'antichità classica, trova una barriera insuperabile nella cultura monastica della Rus'. Solo più tardi, e dall'occidente, essa sarebbe penetrata nel mondo slavo orientale suscitando le ire di monaci come Massimo il Greco.

La studiosa dedica singoli capitoli alla ricostruzione dell'immagine del cielo, del sole, della luna e delle stelle, analizzando con attenzione le proprie fonti. Ne emergono interessanti osservazioni sul calendario e lo zodiaco, sui fenomeni astronomici, a cominciare dalle eclissi, sui ricchi valori simbolici degli astri, mostrando attenzione anche al lessico, che nel suo complesso riflette il faticoso processo di acculturazione al mondo mediterraneo orientale. Rimane in sottofondo e forse non sufficientemente evidenziato l'orizzonte biblico e, soprattutto, biblico-liturgico dell'approccio del mondo slavo-orientale alla visione del cosmo e degli astri. Forse proprio l'innografia liturgica rappresentò il primo commento delle sacre scritture, che gli slavi ebbero a disposizione, anche nella visione cosmologica. Basti pensare all'innografia dedicata a Giovanni Battista. Scarse sono invece le citazioni dell'innografia, mentre troviamo assai interessanti riferimenti all'omiletica. Per apprezzare appieno l'orizzonte biblico, inoltre, sarebbe stato di grande utilità insieme all'indice degli autori, delle opere e dei soggetti, avere a disposizione anche un indice biblico.

Si tratta comunque di un libro davvero interessante, che offre una sintesi chiara su argomenti complessi, di solito affrontati in monografie meno accessibili, a cui si rimanda per eventuali approfondimenti. La lingua in cui è scritto lo rende fruibile anche ai non slavisti, offrendo un importante strumento alla medievistica.

Marcello Garzaniti

pubblicato in “Studi Slavistici” IV (2007), pp.305-306