Shepard J.
                    The Cambridge History of the Byzantine Empire c. 500-1492
                    
                    A cura di Shepard J. - Cambridge University Press,  Cambridge 2009
                    
                    
                    Molte
 strade portano a Bisanzio: verso la “Nuova Roma”  convergono gli 
interessi di numerose discipline, dall’archeologia alla storia  
dell’arte, dalla teologia alla paleografia. Molti studiosi, anche se 
partiti da  obiettivi di ricerca apparentemente lontani, giungono spesso
 alla necessità di  conoscere e di confrontarsi con Bisanzio, sia che si
 occupino di medioevo  occidentale sia che si occupino di mondo 
mediterraneo o di mondo slavo. Questo  volume, grazie all’ampiezza 
dell’arco cronologico considerato e ai ricchissimi  riferimenti 
bibliografici, il tutto unito a una impostazione tradizionale, si  offre
 perciò come un utile strumento di informazione e di aggiornamento per  
tutti coloro che vogliano avere un approccio ampio alla storia di 
Bisanzio. Il taglio della  trattazione infatti, per ammissione dello 
stesso curatore, “should yeld some  fresh insights to specialists in, 
and postgraduate students of, the Byzantine  world. But it also has 
something to offer newcomers to the enigma variations of  Byzantium”(p. 
2).  Per consultare il corposo volume, di  circa un migliaio di pagine, 
non è richiesta quindi una conoscenza pregressa  della disciplina, anzi 
lo sforzo degli autori è stato proprio quello di offrire  le linee guida
 sulla storia di Bisanzio per un pubblico di lettori quanto mai  vario, 
ma soprattutto per un pubblico di lingua inglese. Come dimostra anche la
  guida alle fonti in traduzione inglese – inserita nella parte finale  
dell’introduzione - la priorità linguistica è stata determinante in 
questa  iniziativa editoriale, che si pone nel solco della tradizione 
delle grandi  opere storiche di Cambridge.
Il problema di rendere più accessibili le fonti medievali  
attraverso una buona versione nelle lingue moderne è del resto di grande
  attualità, come dimostrano le sempre più numerose iniziative di 
edizione  critica e traduzione di testi che negli ultimi anni si sono 
moltiplicate  soprattutto a fini didattici. Tuttavia questo fervore ha 
toccato solo in parte  il nostro paese, e dunque gli studiosi italiani, 
quando non possono accedere  direttamente al greco o alle altre lingue 
usate dagli scrittori bizantini, sono  spesso costretti a riferirsi a 
traduzioni in altre lingue moderne, soprattutto  l’inglese e il 
francese.
La struttura del volume può definirsi tradizionale,  nel senso che
 i contenuti sono stati organizzati in tre sezioni, seguendo cioè  la 
tripartizione classica della cronologia bizantina: il periodo iniziale 
della  storia di Bisanzio, che significativamente prende le mosse 
dall’epoca  giustinianea (The earlier empire. 500-700);  un 
secondo periodo che, partendo dall’età iconoclasta, arriva a comprendere
 i  secoli centrali dell’impero fino alla Quarta Crociata (The 
middle empire. 700-1204) e una terza parte in cui, più che a  
un’idea ormai astratta di impero, ci si riferisce piuttosto al concetto 
di  “terre bizantine” nel senso di quei territori, città e popolazioni, 
ancora saldamente  legati alle strutture sociali, economiche e culturali
 di Bisanzio (The Byzantine lands in the later middle  ages. 
1204-1492). Inusuale, ma interessante, è peraltro la data di 
chiusura,  che si spinge ben oltre il 1453 e arriva fino al 1492, con 
uno studio di A.  Bryer, The Roman orthodox world  (1393-1492),
 volutamente concentrato più sugli aspetti culturali e religiosi  che 
non su quelli propriamente storico-politici. La scelta si pone 
giustamente  a rappresentare uno spazio mediterraneo che, sebbene ormai 
quasi completamente  dominato dai Turchi, era ancora caratterizzato da 
una significativa presenza  della cristianità ortodossa ed era 
costellato di importanti istituzioni  religiose che godevano del 
patrocinio di principesse cristiane mogli di sultani  - come Mara 
Brankovic (1412-1478), figlia dell’ultimo despota di Serbia e  seconda 
moglie di Murad II, e Maria di Doubera, matrigna del sultano Suleiman I 
 (1520-66) – nel segno della coesistenza e della continuità delle due 
tradizioni  religiose.
Nella scelta dei contenuti, oltre che nella struttura,  si osserva
 dunque una volontà di percorrere una strada decisamente più  ristretta 
rispetto all’analoga opera pubblicata da Cambridge negli anni  Sessanta 
ovvero The Cambridge Medieval  History, vol. IV: The 
Byzantine  Empire, Cambridge 1966-67 (trad. it. Storia  del 
mondo medievale, vol. III: L’impero  bizantino, a cura di 
J. M. Hussey, Milano, Garzanti, 1983). In questo  volume, che si può 
considerare a tutti gli effetti l’antesignano dell’attuale,  le sezioni 
seguivano uno sviluppo molto diverso. Oltre a una serie di  contributi 
attorno alla storia politica, militare ed ecclesiastica dell’impero  
bizantino a partire dal secolo VIII, vari capitoli erano dedicati alla  
definizione delle caratteristiche dei popoli e dei poteri sorti attorno a
  Bisanzio e da essa fortemente influenzati. La seconda parte di quel 
volume  inoltre si articolava in utilissimi capitoli tematici dedicati 
ad aspetti della  civiltà bizantina, quali la legge, il governo, la 
chiesa, la musica, le arti  visive e la letteratura.
Nel volume attuale invece l’approccio tematico, che a  una prima 
occhiata potrebbe sembrare del tutto assente, è stato realizzato  
attraverso una linea interna ai contributi stessi. Già nella terza parte
  dell’introduzione, infatti, si accenna alle nuove tendenze degli studi
 e agli  approcci alternativi alla disciplina: tale tendenza si evince 
poi dalla qualità  e dalla struttura dei contributi stessi del volume. 
In definitiva, l’approccio  tematico è realizzato all’interno della 
trattazione e non nella struttura  esterna. All’economia, ad esempio, si
 accenna in varie sezioni, sebbene le si  dedichi un lungo studio (M. 
Witthow, The  middle Byzantine Economy (600-1204), alle pp. 
465-492), mentre alle  relazioni con la Slavia  sono dedicati vari 
contributi: S. Ivanov, Religious  missions, pp. 305-332; P. 
Stephenson, Balkan  borderlands (1018-1204), pp. 664-691; A. 
Ducellier, Balkan powers: Albania, Serbia and Bulgaria (1200-1300), pp.
  779-802; M. Balard, Latins in the Aegean  and the Balkans 
(1300-1400), pp. 834-851.
Non viene meno allora l’attenzione verso le diverse  società, élites
 e poteri che a lungo termine si sono rapportate con Bisanzio,  sebbene 
manchi uno specifico contributo dedicato ai legami fra l’impero e le  
terre di Rus, e ciò malgrado il curatore 
sia uno specialista dell’argomento (cfr.  gli studi di J. Shepard - S. 
Franklin The  Emergence of Rus, 750-1200, London and New York 
1996, e più di recente J.  Shepard (ed. by), The Expansion of  
Orthodox Europe: Byzantium, the Balkans and Russia, Ashgated 
Variorum, 2007).  Due aree in particolare diventano invece  i punti 
focali del confronto: innanzitutto il rapporto di Bisanzio con 
l’Occidente,  analizzato sia negli aspetti politico-diplomatici (J. 
Moorhead, Western approaches (500-600), pp.  196-220; e M. 
McCormick, Western  approaches (700-900) pp. 395-432) sia per 
la colonizzazione bizantina della  penisola italiana (T. S. Brown, Byzantine
  Italy (680-876), pp. 433-464; G. A. Loud, Byzantium and 
southern Italy (876-1000), pp. 560-582). L’altro  fronte di 
interesse precipuo è quello arabo, che trova spazio in due importanti  
contributi: quello di L. Conrad, The  Arabs to the time of the 
Prophet, alle pp. 173-195, e quello di W. E.  Kaegi, Confronting
 Islam: emperors versus  caliphs (641-c.850), alle pp. 365-394.
    Si può dunque concordare con il curatore quando 
sottolinea che per  dimostrare l’impatto di Bisanzio su varie culture di
 rilevanza mondiale, quali  l’Islam, l’Eurasia, i mondi slavi e 
l’occidente cristiano, l’importante è  osservare e analizzare le 
interazioni piuttosto che narrare ogni singolo  dettaglio già conosciuto
 nelle relazioni con un particolare Stato. “The importance of Byzantium 
to neighbouring or  newly forming societies and powers emerges more 
clearly when their individual  situations and needs are taken into 
account” (p. 3).