The archaeology of Early Medieval Poland

Ultimo aggiornamento: 11 maggio 2021

Buko A.

The archaeology of Early Medieval Poland

Discoveries – Hypotheses - Interpretations

BRILL Leden/Boston 2008

Scheda a cura di: Buko A.

Collana: East Central and Eastern Europe in the Middle Ages, 450-1450, vol. 1, pp. 475


Il saggio di A. Buko costituisce un’opera unica nel suo genere; in lingua inglese, propone finalmente a un pubblico internazionale una sintesi ampia e ricca di dettagli sull’archeologia altomedievale in Polonia. Il testo è dotato di una struttura interna ben ideata ed efficace che consente al lettore di individuare singole sezioni tematiche argomentate e complete.
La prima parte del testo è dedicata alla storia dell’archeologia altomedievale in Polonia; l’autore discute criticamente l’evoluzione degli interessi degli archeologi alla luce delle vicende storiche che interessarono la Polonia tra il XIX e il XX secolo individuando le principali personalità, gli scavi più significativi e i centri di promozione scientifica. Il XIX secolo, imbevuto di romantico patriottismo risorgimentale, incaricò la ricerca archeologica di rintracciare l’evidenza slava di una identità polacca originale e poiché la tendenza generale pretendeva di collocare l’origine degli Slavi in età anteriori a quella medievale fu l’archeologia preistorica a prevalere. Con l’indipendenza della Polonia e soprattutto nei primi venti anni del XX secolo, iniziò invece a crescere l’interesse verso l’altomedioevo come età in cui si collocava l’origine dello stato polacco e siti altomedievali, soprattutto nella regione di Sandomierz, vennero alla luce. Gli anni Trenta furono davvero cruciali per la storia dell’archeologia in Polonia; infatti, il noto archeologo tedesco G. Kossina, pretendendo che la presenza della cultura materiale germanica in Polonia indicava l’occupazione di quello stesso territorio da parte del gruppo etnico germanico, provocò la reazione degli archeologi polacchi che, guidati da J. Kostrzewski, inaugurarono massicce campagne di scavi per provare l’ «eternal Polishness» delle terre tra l’Oder e la Vistola. E se molti errori di interpretazione vennero compiuti tuttavia la stagione fu estremamente positiva poiché favorì l’ulteriore sviluppo dell’archeologia altomedievale e apportò nuova evidenza archeologica per gli studi relativi all’origine dello stato polacco. Dopo la guerra riemerse nuovamente il problema delle origini degli Slavi, ma soprattutto, nel campo dell’archeologia, si assistette a un radicale cambiamento metodologico, ispirato dall’ideologia marxista, che indirizzava la ricerca verso gli aspetti legati alla base materiale della vita. Nel 1946, in occasione del millesimo anniversario della fondazione dello stato polacco dei Piast, lo stato garantì ricchissimi finanziamenti agli archeologi impegnati in scavi di siti altomedievali che proseguirono per decenni.
Dopo una presentazione delle multiformi tipologie delle fonti archeologiche polacche che verranno considerate nel corso della trattazione, l’autore inizia a individuare e a presentare la prima grande problematica discussa, inerente al complesso e secolare dibattito legato alle origini degli Slavi; in particolare è introdotta la spinosa questione degli Slavi, autoctoni o migranti, nell’attuale territorio della Polonia. Le due conclusioni così differenti trovano fondamento nella diversa interpretazione dell’evidenza archeologica: continuità o rottura tra l’evidenza delle culture di Przeworsk (Polonia meridionale e centrale) e di Wielbark (est della Vistola e Bassa Vistola) e l’evidenza slava? L’autore discute la problematica in Polonia di una uniforme cultura slava individuando tuttavia alcuni tratti comuni dalla forma delle abitazioni, al tipo di economia e di artigianato, ai costumi funerari. Allargando la prospettiva all’intera area geografica interessata dall’espansione slava, tenta soprattutto di dare alcune risposte al quesito complesso della diffusione della cultura slava in gran parte dell’Europa orientale e centrale tra V e VI secolo. Innanzitutto, la cultura slava, povera e tecnologicamente poco sviluppata, si ritrova nelle aree facenti parte l’impero romano commistionata a elementi culturali della civilizzazione romana; la si può invece identificare “pura” nelle aree a nord dei Carpazi. Ma perché la prima cultura slava è così povera e semplice? L’autore ipotizza la lenta migrazione di gruppi familiari contadini alla ricerca di nuovi insediamenti: la semimobilità richiedeva allora un’oggettistica semplice e basilare. Tale cruciale discussione introduce un ampio studio dedicato alla fase prestatale della Polonia attraverso la comparazione delle fonti scritte e di quelle archeologiche. In particolare, l’autore discute le più antiche zone di insediamento alla luce delle tribù individuate dal Geografo Bavaro (IX secolo); la distribuzione dei villaggi fortificati; il ruolo delle montagne come centri cultuali pagani (investigazioni archeologiche specialmente per Lysa Góra-Sandomierz e la montagna di Sleza); il significato dei tumuli monumentali della Piccola Polonia; il problema della più antica scrittura in Polonia (tavole di Podeblocie’).
Attraverso una serrata comparazione tra i dati archeologici e le informazioni tramandate dalle fonti scritte (in particolare la Cronaca del Gallus Anonymus), l’autore si accinge infine a discutere le origini dello stato polacco dei Piast nel X secolo tornando a riproporre criticamenti quesiti ormai tradizionali (da dove vengono i Piast; quali i primi centri della Polonia Piast; le dinamiche dell’espansione dei Piast nella Piccola Polonia e nell’area baltica; il ruolo della Mazovia nella formazione dello stato; la questione della Silesia-boema o Piast?; Pomerania). Offre poi una serrata presentazione degli scavi archeologici dei centri dei Piast come strumento di indagine intorno al controllo territoriale della dinastia: sono analizzati in dettaglio i centri limitrofi a Gniezno e a Poznan; la città di Kalisz, sulla via dell’ambra; Wolin; Gdansk; Plock; Sandomierz; Zawichost; Chelm; Wislica; Cracovia; Wroclav; Cherven e Volyn come centri di frontiera; Ostróv Lednicki come residenza dei Piast e sede di un episcopium; Giecz; Pultusk; Stolpie. Segue una sezione dedicata agli scavi in Polonia rivolti allo studio degli insediamenti rurali. Chiudono il volume alcune riflessioni legate al ruolo dell’archeologia nello studio della cristianizzazione della Polonia (con una rassegna dei primi complessi monastici indagati archeologicamente in Polonia); uno studio dedicato alla ceramica altomedievale polacca e una discussione intorno alla popolazione altomedievale in Polonia attraverso i risultati delle analisi antropologiche dei resti fisici conservati nelle necropoli e lo studio dei corredi funerari esposti.
Il saggio è corredato di tavole esplicative, indice e ricca bibliografia.

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